Terapia per la SMA: si chiede accesso più ampio

Terapia per la SMA: si chiede accesso più ampio

sanitadomni.com – ROMA: Ha fatto molto scalpore la notizia di qualche mese fa dell’arrivo di una terapia per la Sma, atrofia muscolare spinale. Uno scalpore che ha creato anche più di una incomprensione, sia riguardo agli effetti che sulla distribuzione del farmaco stesso.

La terapia genica, il cui nome commerciale è Zolgensma, non è in grado di ‘guarire’ la Sma, malattia degenerativa che causa la progressiva morte delle cellule nervose che impartiscono il comando del movimento. E’ però risultata efficace nel rallentare e contenere l’evoluzione della malattia. E’ indicata per la Sma di tipo 1, quella più grave.

Ad oggi in Italia è somministrata solo ai bambini di età inferiore ai sei mesi. Ed è questo dato che ha sollevato le maggiori polemiche. La scelta è stata fatta sulla base delle indicazioni cliniche di efficienza e, soprattutto, sicurezza dei pazienti. Con l’aumento dei dati a disposizione, però, si stanno alzando voci a chiedere una revisione delle limitazione di  accesso al farmaco.

Le indicazioni per la terapia per la Sma

L’Italia, nel 2018, è stato il primo Paese europeo ad accedere alla sperimentazione internazionale di terapia genica. Prima dell’agosto di quell’anno, lo studio clinico su questa terapia per la Sma era consentito solo negli Stati Uniti. Oltre oceano l’approvazione è arrivata nel  2019, e nel 2020 in Europa tramite l’Ema, l’agenzia europea di approvazione di farmaci.

In Italia l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha approvato lo Zolgensma solo per bambini con diagnosi di Sma 1 al di sotto dei 6 mesi d’età. In altri Paesi Europei e negli Stati Uniti invece l’indicazione è di somministrarlo a bambini entro i 21 chilogrammi di peso, quindi di età fino ai 18-24 mesi.

L’indicazione dei 6 mesi rispecchia i dati sulla sicurezza del farmaco, ancora poco noti su soggetti di età superiore. Il problema però è la diagnosi, che non sempre riesce ad arrivare in tempo utile.

Zolgensma sembra essere il farmaco più costoso al mondo: privatamente il trattamento ha un prezzo di quasi 2 milioni di dollari. E’ evidente che, se non fornito dal Sistema Sanitario Nazionale, resta precluso praticamente a chiunque.

La richiesta di nuovi parametri

Un aumento degli studi sul farmaco, che arrivano dalle nazioni con diverse restrizioni, hanno spinto medici e associazioni di settore a chiedere ad Aifa di rivedere le indicazioni attualmente in vigore.

Tra i promotori dell’arrivo del farmaco in Italia Eugenio Mercuri, professore di Neuropsichiatria infantile dell’Università Cattolica e Direttore di Neuropsichiatria infantile del Policlinico  Gemelli. Con l’inizio di quest’anno si è fatto portavoce di una nuova richiesta ad Aifa, supportato da altri personalità del mondo medico-scientifico; è nato anche un documento ufficiale, a firma di medici e ricercatori, per sostenere la domanda di revisione dei parametri, per somministrarlo a bambini fino  13,5 chili di peso.

“Negli ultimi mesi, la terapia avviata in altri Paesi ha consentito la raccolta di ulteriori dati in bambini di peso maggiore – si legge nel documento -. Il breve periodo di osservazione non permetta ancora di avere elementi certi sull’efficacia della terapia nei bimbi con peso più elevato; però i dati di sicurezza disponibili sono però confortanti”.

Da qui la decisione di presentare la richiesta ad Aifa. “E’ stato chiesto ad AIFA, sempre dal Prof. Mercuri, in rappresentanza dei clinici e delle associazioni, di superare il limite dei 6 mesi ed estendere il criterio di accesso sulla base della rivalutazione del peso fino 13,5 kg – continua la nota -. Questa scelta è stata dettata dal fatto che, mentre esiste un numero crescente di dati su bambini trattati con peso fino a 13,5 kg, i dati su pazienti oltre i 13 kg sono ancora molto esigui. I dati esistenti, raccolti dai registri nazionali, sono stati condivisi con AIFA per supportare la richiesta. L’approvazione di questa richiesta permetterebbe l’accesso a tutti i bambini con queste caratteristiche cliniche evitando possibili soluzioni ‘ad personam’ e quindi disparità di diritto di fronte a situazione simili”.

 

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