Genitori con disabilità: una condizione non sostenuta dallo Stato

Genitori con disabilità: una condizione non sostenuta dallo Stato

sanitadomani.com – MILANO: La burocrazia è di per sé una difficoltà. E aumenta, quando non c’è omogeneità di trattamento. E’ quello che accade per esempio nel campo del sostegno alle persone e ai genitori con disabilità: i contributi sono erogati in modi e tempi diversi, a seconda della Regione in cui si vive. Talvolta in base alla provincia, o addirittura al distretto sanitario in cui si risiede.

E’ quello che ha provato sulla propria pelle, e su cui sta combattendo. Sonia Veres che gestisce il blog “Mamma a bordo” e la pagina facebook “Qui non è Marte”. Un invito a capire che la disabilità non è un altro pianeta, ma una condizione di vita con la quale si convive nella quotidianità. Sonia, 39 anni, ha la Sma di tipo 3, lavora a Milano, e vive a Peschiera con il marito e una figlia di 3 anni. Un traguardo raggiunto, quello di avere una indipendenza professionale e una realizzazione personale. Ma che per chi ha una disabilità diventa un cammino irto di ostacoli. E talvolta anche uno “svantaggio” in termini di assistenza.

“Sembra assurdo, ma accade davvero così – racconta Sonia – Sebbene si parli tanto di autonomia e vita indipendente, le istituzioni non fanno nulla per sostenere davvero chi vuole raggiungere una vera auto realizzazione. Anzi, in qualche modo diventa controproducente. Economicamente parlando, per me sarebbe più conveniente stare a casa, non essere coniugata, perché avrei accesso a contributi che al momento mi sono negati. Ma la mia condizione fisica non cambia in base ai miei impegni; ho comunque bisogno di assistenza materiale h 24, che io sia impiegata o disoccupata”.

Sonia ha sempre voluto la propria autonomia. Originaria di Genova, è uscita di casa a 18 anni, andando in una casa famiglia fondata da un’associazione per ragazzi con Sma e distrofia muscolare. Giocava a Powerchair Hockey, e così ha conosciuto suo marito, che faceva il dirigente in un’altra squadra. Si è quindi trasferita a Milano per sposarsi, dove ha trovato lavoro al Centro Clinico Nemo.

genitori con disabilità

Ma essere sola è complicato. Come fin troppo spesso accade, l’incombenza dell’assistenza ricade sulla famiglia, in mancanza di un sostegno istituzione. Da anni i caregiver, ovvero coloro che si occupano di un familiare con grave disabilità, reclamano un riconoscimento ufficiale, oltre a un inquadramento e un supporto economico. Il loro impegno, infatti, sostituisce il lavoro che dovrebbe fare un badante o un assistente.

“La situazione è assurda – dice Sonia -. Se io non avessi un lavoro, mio marito potrebbe richiedere il contributo per i caregiver. Invece, dato che io ho un mio reddito, non ne ha diritto. Praticamente, in base ai parametri ufficiali, si ottiene il contributo solo se il famigliare è disoccupato e vicino alla soglia di povertà. Ma queste norme non tengono conto della sostanza: in base alla mia patologia io ho bisogno di assistenza continua, e gran parte di questa grava su mio marito”.

Sonia ha una assistente per 23 ore alla settimana, pagata da lei, per un totale di 11 mila euro all’anno. Tramite il Comune, arrivava una OSS da una cooperativa ogni mattina per 50 minuti; figura per la quale Sonia doveva pagare un contributo di 50 euro a settimana. Ma con il Covid tutto è rimasto in sospeso. “Se vivessi a Milano, dato il livello della mia disabilità (B2) potrei usufruire di un contributo di 800 euro al mese. Ma il distretto di cui fa parte Peschiera ne prevede solo 250”.

L’assistente va da Sonia al mattino, per aiutarla a prepararsi e a occuparsi della casa e naturalmente della bambina. Ma i pomeriggi mamma e figlia sono da sole; anche perché non è previsto nulla per i genitori con disabilità. E con il Covid tutto è peggiorato, dal momento che è venuta a mancare anche la scuola.

“Nemmeno normalmente è previsto un sostegno ai genitori con disabilità. Nel momento di emergenza,, la situazione è precipitata – spiega Sonia con amarezza -. Sono queste, le vere difficoltà che incontra le persone con patologie croniche quando vogliono costruire una famiglia. Un bambino non è considerato una risorsa dalla società; e anzi, se sottolinei che hai bisogno di aiuto, ti accolgono quasi con rimprovero. Il messaggio non detto che arriva è: puoi evitare di diventare genitore. E tanti, purtroppo, rinunciano”.

Però l’esempio positivo è sempre utile, come ha provato Sonia sulla propria pelle. “Faccio parte di un piccolo genitori con la mia malattia. Ci supportiamo e condividiamo consigli ed esperienze. Altre ragazze mi hanno supportata durante la gravidanza, e sono contenta quando ho io l’opportunità di sostenere qualcuno. C’è chi ha confidato aver deciso di divenire mamma anche grazie al nostro incoraggiamento. Capita infatti – conclude – che chi ti è vicino, anche in buona fede, tenda a scoraggiarti Perché vede solo difficoltà e problemi. In effetti ci sono, ma vale sempre la pena di fare ciò che desideriamo davvero”.

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