Scuola e disabilità, quando la collaborazione è difficile

Scuola e disabilità, quando la collaborazione è difficile

Sanitadiomani.com -. MILANO: Meno ore di frequenza, assistenza che manca, confusione fra educatori e insegnanti di sostengo. La scuola quando si tratta di inclusione di ragazzi con disabilità, fa fatica. E insieme a esempi virtuosi, grazie alla collaborazione fra insegnanti, dirigenti, famiglie e alunni, ci sono tanti, troppi casi in cui il diritto allo studio per tutti vacilla.

Cristina Lavizzari, avvocato milanese, si occupa di inclusione scolastica di bambini e ragazzi con disabilità. Una “specializzazione” che si è trovata ad avere quasi per caso. Qualche anno fa ha prestato servizio per un’associazione di settore, scoprendo un mondo che ha bisogno di sostengo, dal punto di vista legale e umano.

In seguito, è iniziata una ufficiosa cooperazione con l’associazione Amici di Tommy e Cecilia, fondata da Federica Muller, mamma di due bambini con Sma; l’obiettivo è l’inclusione nello sport, nella società e una miglior collaborazione fra scuola e disabilità.

Un punto di partenza per affrontare questo mondo

– E’ stata la presidente dell’associazione che ha cominciato a segnalarmi qualche caso. Come tutte le mamme con più di un figlio, Federica ha maturato una certa esperienza nel rapporto con le istituzioni. Altre mamme si rivolgevano a lei per qualche consiglio e lei girava a me le questioni legali”

Per questo, l’avvocato ha casi da tutta Italia. Una condizione che richiederebbe la collaborazione di suoi colleghi, ma non sembra facile individuarli.

 – Non sono molti gli avvocati che si occupano di questa tematica. Nessuno di noi è tuttologo ovviamente, la pratica in un settore invece che in un altro ci permette di avere esperienza. Qui la cosiddetta ‘letteratura’ non è molto ampia, perché le famiglie sono in difficoltà a rivolgersi agli avvocati. Hanno già altre necessità, che portano via tempi e discussioni burocratiche. Talvolta lasciano perdere, ma è un peccato. Perché ci rimettono i ragazzi.  Se ci fosse più conoscenza dei diritti e delle normative, sarebbe più facile. Per questo mi auguro di trovare colleghi competenti in questo settore.

Anche perché non si tratta di una guerra tra famiglie e scuole, ma di una collaborazione fra le parti per far vincere l’inclusione dei ragazzi. Servono sempre le vie legali?

– Assolutamente no, anzi speso ci si blocca su questioni che si potrebbero risolvere con la buona volontà. Un anno e mezzo fa c’è stato un problema con un ascensore in una scuola nella zona di Varese. L’ascensore era rotto e il bambino in sedia a rotelle non poteva accedere all’aula. Si avvicinava il momento della recita natalizia e io sono arrivata a sollecitare il sindaco. Mi è stato risposto che le persone con tracheo, come l’alunno in questione. Non usano l’ascensore. Un affermazione priva di fondamento. Mi spiace dover dire che il bambino no ha potuto partecipare alla recita.

Quella degli ascensori non funzionanti sembra una problematica ricorrente negli edifici pubblici. Ce ne sono altre?

– C’è una certa ‘consuetudine’ che porta a ridurre le ore di lezione in base all’orario del sostegno assegnato. In sostanza, si chiede alle famiglie di tenere a casa il figlio nelle ore in cui manca l’insegnate di sostegno o l’assistenza. Ma questo, prima ancora che mancanza a livello di inclusione, è contrario al diritto costituzione all’Istruzione, che deve essere assicurata a tutti. Eppure capita. Gli insegnanti di sostegno non vengono assegnati, i dirigenti non sanno come sopperire, i genitori non se la sentono di lasciare i figli in aula senza assistenza. Alla fine, ci rimette il ragazzo, perdendo le lezioni”.

Ci sono altre realtà che devono essere coinvolte nel processo di inclusione fra scuola e disabilità?

– Sono diverse le realtà che devono collaborare fra loro. E ci vuole una cultura diversa, che tenga conto delle diverse specificità. Molto spesso mi sono ritrovata a discutere con medici, anche neurologi, perché veniva fatta una generica diagnosi di disabilità anche cognitiva per bambini che avevano solo difficoltà motorie. Mi è capitato di sentire dire che un bambino che usa la sedia avrà anche difficoltà di altro genere. E si sbaglia la certificazione a monte, tutto diventa ancora più difficile di quanto non sia già”

Il decreto approvato a fine dicembre introduce delle novità nel PEI, il piano educativo individuale. La notizia che più fa scalpore è la possibilità di esonerare i ragazzi con disabilità dalle lezioni perché “non in grado di seguirle”. E’ davvero preoccupante?

– Moltissimo. Mi auguro che il Presidente della Repubblica intervenga. In questo modo, il decreto limita il diritto allo studio. Inoltre, inficia anche i ricorso o le diffide. Se la legge stessa prevede l’allontanamento di alcuni alunni per alcune ore, chiedere la copertura massima di ore di sostegno sembra diventa impresa impossibile”

 

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