Medici e infermieri in fermento

Medici e infermieri in fermento

SOS DAL MONDO SANITARIO

Non vedremo mai medici e infermieri bloccare strade, sfilare in cortei violenti, protestare astenendosi dal lavoro abbandonando i pazienti o in altre forme di protesta che possano creare problemi di sicurezza pubblica. I nostri medici ed infermieri ospedalieri non ne possono più. I n gran parte degli ospedali italiani vivono nel disagio: pronto soccorso in costante allarme rosso, reparti in emergenza con pochi letti, turni massacranti a causa della carenza di personale. La maggior parte di loro crede professione e nel senso del dovere. Adesso, però, non ce la fanno più. I giovani fuggono dagli ospedali scegliendo la libera professione o andando in ospedali esteri dove sono rispettati e strapagati. I più anziani serrano i denti e sperano. Coloro che sono prossimi alla pensione, invece, non si fanno scappare l'occasione di cogliere al volo le allettanti offerte del privato. La nostra sanità pubblica sta andando a pezzi. Questa è l'eredità lasciata a noi italiani dopo 10 anni di governi di sinistra. Spetta al Governo Meloni, ora e subito, agire per trovare una soluzione che eviti il peggio.

Sanitadomani.com – Milano. Il nuovo Ministro della Salute Orazio Schillaci forse ancora non si è ancora reso conto di quale pesante eredità gli abbia lasciato il suo predecessore, l’esponente della sinistra Roberto Speranza
Nelle strutture ospedaliere di tutta Italia si sta infatti diffondendo un pericoloso virus, che necessita di essere tempestivamente debellato.
I sintomi, oramai sono gravi ed evidenti: malessere, rabbia, stanchezza e disillusione da parte del personale sanitario.
Prima dell’emergenza Covid gli ospedali rappresentavano spesso una sorta di Babilonia per i pazienti, ma adesso lo sono anche per buona parte del personale che ci lavora.
Il numero di infermieri è ridotto all’osso.
E non va certo meglio se si guarda quello dei medici in generale e di quelli che operano in pronto soccorso in particolare: un vero allarme.
Nei vari reparti, con la cronica carenza di posti letto, si vive un clima da emergenza quotidiana.
Un quadro della situazione che il mondo della politica sembra non aver ancora recepito adeguatamente e inquadrato nella giusta dimensione. 

UN’EMERGENZA DA AFFRONTARE

Il Ministro della Salute Orazio Schillaci

I medici di pronto soccorso, specializzati in Emergenza Urgenza, sono sempre meno.
Quelli che vanno in pensione non possono essere sempre sostituiti perchè i pochi giovani medici qualificati si guardano bene dal partecipare ai concorsi che, infatti, quasi sempre vanno deserti.
Non intendono lavorare nei pronto soccorso per immolarsi sull’altare di quotidiani turni massacranti, subendo gli improperi dei pazienti, o rischiando denunce o addirittura di essere aggrediti.
Chi oggi continua a lavorare nei pronto soccorso e a credere in questa professione, priva di tutele e di adeguati riconoscimenti, è un vero eroe tutti i giorni e non solo in occasione del Covid. 


UNA SOLUZIONE
DAL GOVERNO

Alcune Regioni stanno tamponando le falle come meglio possono, altre, invece, per tappare i buchi relativi alla carenza di personale nei pronto soccorso incaricano società esterne che, per coprire il turno notturno, forniscono, mediamente a mille euro per notte, un medico occasionale: se è specializzato o competente non è dato sapere…
L’importante è che sia medico e che, almeno sulla carta, il pronto soccorso sia regolarmente aperto.
Nei casi in cui, sfortunatamente per il povero paziente, si presentino dei codici rosso (con pericolose perdite di tempo) talvolta l’improvvisato dottore di pronto soccorso chiama il 118, affinché d’urgenza trasferisca il malato in un ospedale attrezzato con medici e reparti specializzati.
E non stiamo parlando del terzo mondo, ma di casi che si verificano anche in quella che viene definita un’eccellenza sanitaria italiana ed europea, ovvero la Lombardia. 
Ma come gira tutto il meccanismo che sembra essersi inceppato?
Il Ministero della Salute delega le Regioni per la gestione della sanità pubblica.
Le Regioni, a loro volta, tramite il loro Assessore regionale alla sanità, chiamano i direttori Generali a rapporto, invitandoli fermamente a risolvere il problema dei pronto soccorso e delle liste d’attesa.
I direttori generali, una volta rientrati nelle loro sedi ospedaliere, convocano subito i Capi dipartimento e i primari per invitarli ad organizzarsi meglio al fine di migliorare il funzionamento dell’intera struttura.
Ecco quindi che la lentezza della politica nazionale ricade sulle Regioni, le quali con i loro assessori regionali (basta vedere Letizia Moratti cosa ha combinato in Lombardia…) si preoccupano di apparire serie e competenti agli occhi della stampa e dell’opinione pubblica, sciorinando la classica frase magica: “Ridurremo le liste d’attesa”. 

IL PERSONALE É STANCO
DELUSO E DEMOTIVATO

A reggere il gioco degli assessori regionali, loro malgrado, sono i direttori generali delle varie strutture sanitarie pubbliche, che ogni anno rischiano di essere rimossi.
Ecco perchè i Direttori Generali delle ASST/Aziende ospedaliere, per difendere il proprio incarico, sono costretti a fare la voce grossa con il personale medico e paramedico.
Non ci sono medici di pronto soccorso? Ecco la soluzione…
Tra le proposte più fantasiose c’è quella di alcuni direttori generali che hanno addirittura pensato di disporre turni di pronto soccorso anche per i medici dei vari reparti specialistici.
Quindi ecco che un chirurgo, se non un ortopedico o un cardiologo, deve lavorare meno nel suo reparto per dedicarsi al pronto soccorso.
Conclusione: il direttore generale ha (temporaneamente) fatto bella figura col suo capo della Regione di competenza, tutelandosi il posto.

I DISSERVIZI RICADONO
SULLA NOSTRA PELLE

I medici e gli infermieri chiamati a fare da tappabuchi si ritrovano però disorientati, dovendosi allontanare dai loro reparti già carenti di personale.
E mentre medici e infermieri si guardano intorno alla ricerca di una nuova occupazione o di un’altra Nazione dove andare a lavorare in condizioni più dignitose, la nostra sanità pubblica si distrugge giorno dopo giorno con un unico soggetto che ne paga le conseguenze sulla propria pelle: il paziente!

L’Italia è il Paese delle emergenze, questo si sa.
Per cui quando si tireranno le somme della mortalità negli ospedali, dell’aumento dei casi di malasanità e del malcontento sociale generalizzato si urlerà di certo all'”Emergenza ospedali”.
Forse solo allora il nuovo ministro Anna Maria Bernini, responsabile dell’Università (dove vige ancora il numero chiuso per la facoltà di medicina) e quello alla Sanità capiranno davvero cosa sta accadendo oggi e, magari, troveranno una soluzione intelligente per domani. 

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