Retina artificiale fa vedere la luce a un uomo cieco

Retina artificiale fa vedere la luce a un uomo cieco

La patologia colpisce circa 150 mila italiani: i casi di malattia più avanzati riguardano le persone che hanno perso la vista da entrambi gli occhi

Sanitadomani.com – ROMA: Al Policlinico Gemelli un intervento chirurgico d’avanguardia ha prodotto un risultato rivoluzionario: permettere a un uomo cieco di vedere la luce. L’operazione che ha il sapore del miracolo è stata possibile grazie all’impianto di una retina artificiale, realizzata dalla start up israeliana Nano Retina. Quello al Gemelli di Roma è il sesto intervento al mondo, e il primo in assoluto in Italia, che sfrutta questo nuovo dispositivo di tecnologia bio-meccanica.

L’impianto di retina artificiale

Il paziente è un uomo di 700 anni affetto da una forma molto grave di retinite pigmentoso, una patologia che lo rende cieco totale da entrambi gli occhi. L’intervento, effettuato dal direttore della Oculistica del Gemelli Stanislao Rizzo, è durato dolo due ore. Non appena si è svegliato, l’uomo è stato in grado di percepire la luce nell’ambiente attorno a sé.

A rendere possibile questo straordinario risultato, una retina artificiale di pochissimi millimetri, dal nome Argus, come il cane di Ulisse, che aveva riconosciuto il proprio padrone anche se cieco.

L’occhio bionico Argus

Qualcuno la chiama retina artificiale, qualcuno occhio bionico. In ogni caso, si tratta di un microchip dalle potenzialità incredibili. Il nome tecnico è NR600) ed è nata a Herzliya, la ‘Silicon Valley’ israeliana, dove la società ha la sua sede. Prima dell’impianto al Gemelli, c’erano già stati interventi simili in Israele e in Belgio (in pazienti con età tra i 59 e gli 81 anni). In Europa viene sperimentato all’interno di uno studio clinico multicentrico su una ventina di pazienti, per ottenere l’approvazione CE.

Come funziona l’impianto

Un impianto high-tech grande come la punta di una matita (5 mm di diametro x 1 mm di spessore). Serve un  super esperto in chirurgia retinica per posizionarlo sopra la superficie della retina; così gli elettrodi tridimensionali penetrano tra le cellule retiniche, prendendo il posto dei fotorecettori (le cellule specializzate che permettono di ‘vedere’). Attivando con i loro impulsi le cellule ganglionari, che trasmettono l’informazione al cervello, riescono nuovamente a farla viaggiare lungo le vie ottiche.

Per attivare i micro-elettrodi, il paziente deve però indossare degli speciali occhiali. Questo hanno sia un software che un hadware che controllano gli stimoli luminosi, traducendoli in impulsi elettrici quando arrivano agli elettrodi.  Questi poi li veicolano fino al cervello.

 

Il chirurgo pioniere del Gemelli

Il Professor Rizzo è fra i pionieri su questa strada. Direttore di Oculistica al Policlinico Gemelli e Ordinario di Clinica Oculistica all’Università Cattolica, nel 2011 utilizzò per primo l’Argus in un paziente non vedente.

“Questa nuova retina artificiale dovrebbe assicurarci risultati migliori rispetto alle precedenti – commenta il professor Rizzo -; è infatti dotata di più di 400 elettrodi, molti più dell’Argus che ne possedeva 60. L’idea di restituire anche solo una parvenza di vista a persone che vivono da anni al buio, è il sogno di qualunque medico. Il paziente operato vede già la luce e questo è davvero incredibile. La retina artificiale per ora è indicata solo per pazienti affetti da retinite pigmentosa”.

Questa patologia colpisce circa 150 mila italiani; i casi di malattia più avanzati riguardano coloro che hanno perso la vista da entrambi gli occhi e si parla di oltre 1000 persone solo in Italia.

 “Nell’ultima fase della retinite pigmentosa – spiega il professor Stanislao Rizzo –  i fotorecettori (coni e bastoncelli) sono completamente distrutti; ma alcune cellule, come le cellule ganglionari della retina, sopravvivono. Sono cellule importanti perché trasmettono le informazioni dai fotorecettori al cervello. Gli elettrodi 3D sostituiscono i fotorecettori, le cellule specializzate che costituiscono la prima parte delle vie ottiche e trasmettono l’informazione alle cellule ganglionari”.

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